La potatura degli alberi ornamentali, in particolare quelle presenti in ambiente urbano, serve principalmente a favorire una crescita equilibrata, ad eliminare parti pericolose rami spezzati, morti, malati, o con difetti fisiologici al fine di ridurre i rischi di cedimento o schianto, mantenerla in buono stato fitosanitario e ridurre i conflitti con i manufatti circostanti.
Partendo dal principio che la potatura corretta è quella che non si vede, essa dovrà essere precisa puntuale e selettiva, pertanto non invasiva, ovviamente ogni circostanza sarà da considerare volta per volta per valutare il criterio più opportuno di intervento.
Purtroppo in ambiente antropizzato molte volte bisognerà intervenire anche per ridurre i volumi della chioma entrata in conflitto con le strutture vicine a causa di sesti d’impianto impropri, questa è una delle cause più ricorrenti della potatura degli alberi ornamentali in ambienti antropizzati.
Sciaguratamente per risolvere questo problema si ricorre troppo spesso a interventi drastici di potatura nella convinzione che più si taglia e più si allungheranno i tempi del successivo intervento.
Questa pratica è denominata capitozzatura e consiste nel taglio indifferenziato del fusto, delle branche primarie o di grossi rami.
Le conseguenze sono tragiche: gli alberi si ammalano, diventano deboli e spesso muoiono.
In primis, per potare gli alberi, servono alcune competenze generali sulla fisiologia dell’albero, quali sono le parti che lo compongono, cosa gli fa bene e cosa gli fa male.
Un altro concetto che spesso sfugge ai non addetti ai lavori, è che la potatura non è una necessità dell’albero, che è perfettamente in grado di gestirsi da solo, bensì viene fatta per indirizzarlo verso le esigenze dell’uomo.
Infine per capire fino in fondo il danno provocato da queste pratiche bisogna ricordare che la pianta “mangia” in due modi attraverso le foglie (fotosintesi clorofilliana) e attraverso le radici, ovviamente rimuovendo con i capitozzi la gran parte della chioma la pianta è sottoposta a forte stress e l’albero rimane senza l’energia necessaria ad alimentare tutte le sue parti.
La rimozione di tutte queste fronde attiva un processo di conservazione che consiste nella formazione di rami lunghi ma molto esili, nel disperato tentativo da parte dell’albero di ripristinare, il più rapidamente possibile, la massa fogliare asportata. Tale automatismo richiede un grande dispiego di energie che l’albero preleva dalle sue riserve esponendolo però a varie fitopatologie che implicano anche gravi problemi di stabilità e di incolumità e purtroppo quando non è piu garantita l’incolumità di cose e /o persone che fruiscono il giardino si dovrà procedere all’abbattimento.
Per evitare questo intervento invasivo, si deve ricorrere a quattro tipologie principali:
Rimonda del secco: è un operazione diretta alla rimozione di rami secchi e danneggiati
Diradamento della chioma: questa è la pratica che richiede maggiore professionalità, in quanto è diretta alla eliminazione selettiva dei rami per alleggerire la chioma al fine di ridurre la forza del vento
sulla superfice della chioma, favorire la attraversamento della luce e dell’aria all’interno della vegetazione e con la rimozione alla base dei rami scarsamente vigorosi, in competizione tra di loro, dei succhioni e dei polloni. Inoltre risulta molto importante per evitare carichi impropri solo su alcune zone della chioma l’accorciamento o l’eliminazione di rami che si incrociano all’interno della chioma e si poggiano impropriamente su un altro ramo, apportando un carico eccessivo.
Riduzione della chioma: questa serve per ridurre lo spazio occupato dalla chioma a causa di errori di sesto di impianto di solito per errori progettuali. Questa si effettua con l’accorciamento dei rami con tagli di ritorno e spuntature e non con capitozzature.
Spalcatura: consiste nell’innalzamento del primo palco di branche per rendere fruibile il passaggio di mezzi e persone